Thursday, November 09, 2006

Bonaccia



(03/11/2006) Quasi fosse l’istante rubato e impresso su una tela di Monet, mi sembra da una vita intera di attraversare i medesimi vicoli, le stesse stradine, un passo dietro l’altro senza la guida della consapevolezza, seguendo un invisibile e impalpabile filo di Arianna. Strade senza rotta alcuna, come barche immobili in mezzo all’oceano senza una direzione da seguire, soltanto il ricordo polveroso di antichi tracciati, ormai privi di senso.
Eppure non sarebbe poi così difficile sceglierla la benedetta rotta.
Eppure basterebbe smettere, anche solo per qualche attimo, di preoccuparsi delle conseguenze possibili, d’altronde Lei è lì. Ma - come dinanzi alle altre Lei che l’hanno preceduta nelle mie alte e basse maree interiori – io ne resto lontano, interdetto da una paura stupida dal sapore di condanna. Il faro è lì e indica la rotta, ma l’ancora non si leva.


Un cuore alla deriva, fissato tra la sabbia
(arida)
relitti verso una rotta già varcata
nell’albedine incerta di pensieri.

Un trillo tra nembi pallidi distrae,
sorvolando in circoli, lo stridere delle maree
riflesso scialbo tra le grinze aguzze.

Sembra l’ombra di un gabbiano.
È un albatro.

(Dopo lo Scirocco. Frammento tredicesimo)

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1 Comments:

At 1:02 PM , Blogger festina_lente said...

Ti capisco bene!
Il mio pensiero corre veloce, sono i fatti ad essere immobili...

 

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