Wednesday, November 22, 2006

Stramonio

Il primo respiro al mattino è di stramonio
distillato da un narghilè preso in prestito
che irrealizza e sospende lo scenario del vissuto
frapponendo un alone d’indeterminazione
come dietro un vetro smerigliato.

Biaccoso il primo sguardo sul mondo dintorno
sfuggendo quell’orizzonte generalizzante e grigio
che mescendo stramonio in affezioni anaerobiche
alla luce dell’ennesimo crepuscolo inerte si ritira,
di nuovo plumbeo, ancora dissacrante,
dinanzi al disfarsi di pur redivive ansie
come sabbia tra le dita d’un bambino.

D’illusione l’ultimo batter di palpebre alla sera
socchiuso su una quinta di rosa e azzurro
- forse ancora reale, forse già delirio -
quando di stramonio si profumano i sogni e le attese
sperando che quel viso ancora solo intuito
recuperi icasticità e presenza
riscattandosi dall’à plat dello sfondo
per cambiare - anche solo per un istante –
la direzione disincantata e smarrita dei miei passi
come un sasso che disturba la superficie piatta dell’acqua.

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Another lonely day



(16/11/06) I miei passi solitari nella tarda sera. Voltandomi, casualmente, scorgo su una fronda un carico di foglie dorate d’autunno. Il riverbero soffuso della luce di un lampione, e la nebbia sottile, e l’effimero silenzio, fissa la scena e la inscrive nella traccia di un sorriso.

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Thursday, November 16, 2006

“… chi visse sperando morì non si può dire…”

(13/11/06) Stamani Franzo mi accoglie con in sottofondo “Gioconda” (Litfiba), una delle mie canzoni preferite qualche tempo fa. La mia mente corre ad un primo pomeriggio di una primavera di tre anni fa poco tiepida e dal cielo grigiastro: l’ultima volta che avevo sentito questo pezzo.
Ero lì, mani sul volante, l’autoradio accesa, gonfi gli occhi e il cuore.

Lei lì accanto sul sedile, da pochi istanti ormai brutalmente estranea alla mia vita, nel breve tragitto di asfalto che la separava da casa sua.

“… e spunta il prete, col dito in cielo, che mi vaneggia della fedeltà; vorrei parlare, fargli capire…”

Quegli istanti mi hanno cambiato profondamente nel mio di pensare e parlare, nel mio modo di guardare me e il mondo intorno, e soprattutto le mie ansie per il domani. Ma oggi posso forse finalmente dire di aver superato lo choc.

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Bianco e nero

(11/11/06) L’opera mostra una tendenza alla monocromia, con la netta prevalenza dei due non colori, il bianco e il nero. Le figure subiscono un’opera di riduzione e rimandano, talvolta, a realtà soprannaturali (si veda la nuvola in alto, che nel contesto animalesco pare assumere vita e sembianze bestiali). Le figure dunque, pur puntando all’icasticità, rimandano a sintonizzazioni simboliche. È chiaro, infine, nello spiccato linearismo il riferimento a Gauguin.


Scherzi a parte, questo è il disegno che Riccardo, uno dei nuovi lupettini ha fatto per me.

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Friday, November 10, 2006

Il mio primo Truffaut

Ieri sera grazie a Danieluzzo ho potuto guardare il mio primo Truffaut: "La sposa in nero" (1968). Ne sono rimasto piacevolmente colpito. Prendete Kill Bill toglietevi le katane e le arti marziali, sostituite la Black Mamba di Tarantino con una "normale" donna della porta accanto (ma con lo sguardo freddo, di ghiaccio): quello che rimane sarà non troppo distante dal film del regista francese. C'è persino la lista in stile Kill Bill.

Detto questo, il giudizio favorevole sul film certamente non si può limitare a questo irriguardoso e riduttivo paragone, ma non aggiungo altro, se non che spero di godermi presto un altro Truffaut.

P.s. Che ne dici Maria, "Jules and Jim" a Natale?

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Thursday, November 09, 2006

Pulizie di Primavera anticipate

H. Matisse, Donna con cappello, 1905

Oggi mi sono svegliato triste e il cielo di Bologna non mi aiuta certo, sebbene possa permettermi di andarmene in giro senza giacca. Quindi rimando a domani lo studio di Matisse (non me ne volere Henri), e mi prendo un pò di tempo per me: leggerò un pò di Fenoglio, farò un giro in libreria, mi sbarberò, farò il bucato, vedrò di mettere a posto il cassetto dell’armadio Ikea che stamani mi è rimasto in mano e farò un pò d’ordine nella mai stanza (visto che nei miei pensieri è impossibile). Tutto questo per provare a scacciare, o meglio ad ignorare, il più possibile questa mia melanconia, quella assenza di dolcezza nella mia vita che avverto ora più asfissiante, ora che nella mia testa riecheggia ben scandito quel nome e quel sorriso che non rivedrò prima di una settimana.

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Bonaccia



(03/11/2006) Quasi fosse l’istante rubato e impresso su una tela di Monet, mi sembra da una vita intera di attraversare i medesimi vicoli, le stesse stradine, un passo dietro l’altro senza la guida della consapevolezza, seguendo un invisibile e impalpabile filo di Arianna. Strade senza rotta alcuna, come barche immobili in mezzo all’oceano senza una direzione da seguire, soltanto il ricordo polveroso di antichi tracciati, ormai privi di senso.
Eppure non sarebbe poi così difficile sceglierla la benedetta rotta.
Eppure basterebbe smettere, anche solo per qualche attimo, di preoccuparsi delle conseguenze possibili, d’altronde Lei è lì. Ma - come dinanzi alle altre Lei che l’hanno preceduta nelle mie alte e basse maree interiori – io ne resto lontano, interdetto da una paura stupida dal sapore di condanna. Il faro è lì e indica la rotta, ma l’ancora non si leva.


Un cuore alla deriva, fissato tra la sabbia
(arida)
relitti verso una rotta già varcata
nell’albedine incerta di pensieri.

Un trillo tra nembi pallidi distrae,
sorvolando in circoli, lo stridere delle maree
riflesso scialbo tra le grinze aguzze.

Sembra l’ombra di un gabbiano.
È un albatro.

(Dopo lo Scirocco. Frammento tredicesimo)

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Impressioni d’autunno

(01/11/2006) Penso che il modo in cui ci si sente in un determinato momento della propria vita dipenda per lo più da uno stato interiore, tendenzialmente fittizio, privo di relazioni con ciò che oggettivamente avviene intorno a noi. Credo che ciò valga per la mestizia, per la solitudine, soprattutto per la felicità, ma anche per gran parte dei nostri stati d’animo.
In base a tale mio postulato, probabilmente smentibile dai più elementari assunti freudiani, lo spleen provato ieri notte è forse derivato da un flow of conscious particolare, innescato da determinate reazioni e contatti elettrici all’interno del mio cervello, e non dalle condizioni esterne, non dal trovarmi - con poco da dire a me stesso e al mondo - nel bel mezzo di una folla semioceanica (deserti di uomini) percepita come distante, indaffarata in ritmi e rituali istintivi e mondani.
Così, forse è stato solo un caso quella tiepida sensazione, improvvisa ed impensata, nel rientrare in casa, quel mio istantaneo sentirmi bene, sentirmi a casa, nel vedere il vasetto di basilico sfacciatamente placido sulla mia finestra.

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