Egoarchia
Ognuno, in ogni istante, spera immagina il domani.
Il mondo stesso è rinchiuso in cristalline campane di felicità. Si è nell'attesa di quel fascio di sole cui affidare lo sguardo, dimenticando agli angoli dei giorni già trascorsi ombre e sorrisi smorzati. Perché i sogni – e così la speranza e le lacrime – sono fatti della stessa pasta del domani. Quante volte ripercorriamo in punta di piedi le strade che i nostri pensieri hanno voluto timidamente tracciare, barcollando tra i tramonti che abbiano vissuto e le albe che possiamo ancora solo sognare, con i battiti in gola, ma sorridendo ad ogni nuovo respiro, sentendo che le attese d’oggi saranno presto o tardi raggianti certezze.
Avrei dovuto imparare a vedere in ogni giorno un sentiero, a volte duro, pesante, altre apparentemente spianato e con non molte difficoltà. Capire che a volte ci si ferma, dopo aver battuto mille e ancora mille miglia, ma con davanti ancora sterminato l’orizzonte, ci si ferma. Ed è come se l’intero mondo si fermasse con te in quel preciso istante, mentre niente si ferma davvero, e tutto d’intorno avanza. Non si adombra il sole, non svanisce la notte. Finché il cammino - in un determinato istante forse prescritto dal fato, ma non umanamente deciso - riprende, fino alla prossima sosta o fino all’ultimo dei giorni. Lo sapremo solo quando saremo arrivati, e forse sapremo darci una risposta a quel respiro, quella domanda, quella preghiera in fondo al cuore.
Ma anche quando i nostri passi appariranno già posati, lungo strade già altre volte superate, quando faremo strade che crederemo conosciute, quei nostri passi non saranno gli stessi. Simili, non uguali. Perché saremo noi a non esser più gli stessi. E non so dove mi porteranno i piedi e i giorni. Solo un passo dietro l’altro, il resto verrà. Bra
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