Cronaca di una giornata surreale
Padova, 26 aprile ’07

È stata ad ogni modo una gran bella giornata, superato il mio imbarazzo iniziale (specie all’andata in treno, vista la compresenza nello scompartimento di una coppia di ragazzi che amoreggiavano pacatamente: impossibile non notare l’incongruenza delle due coppie). De Chirico poi mi ha stregato più di quanto mi sarei aspettato. Sarà stato per questo forse che in un attimo di estasi spirituale, nella sala ove erano le tele a parer mio più significative, con lei ad una spanna da me, ho sentito dentro un profondo abbandono: aveva quello la stoffa di essere uno dei momenti perfetti, di quelli da ricordare per tutta la vita, ma non poteva esserlo.
Ho inoltre trovato il mio quadro, una tela che rappresenta perfettamente il mio attuale modo di essere, di pensare, di guardare alla vita. Si tratta di una delle primissime tele non più accademiche di De Chirico, L’Enigma dell’Oracolo.

Il quadro rappresenta la solitudine dell’uomo, o meglio di un uomo, dinanzi all’infinito, in una ripresa poetica di Leopardi, in una concretizzazione del pensiero di Schopenauer e Nietzsche, nonché sintesi perfetta di quanto ho provato a spiegare qualche post fa.
La solitudine è quella dell’uomo sulla sinistra (Ulisse), nascosto da un velo, e dunque celato, estraniato, in quella che sembra un’anticipazione dell’espediente cui più tardi ricorrerà Magritte. Una giornata che ricorderò a lungo.
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